Sweet Certainty (Berlinische Galerie, 2023)
Alla Berlinische Galerie, Museo di Arte Moderna, il tema di attualità non è la ”crisi climatica’, ma la certezza che stiamo già correndo da tempo e allegramente verso la fine. Esaurite le residue risorse naturali, non ci resterà come soluzione estrema che una ‘via di fuga’, con una astronave, verso un’altra ‘terra’ da colonizzare e sfruttare con altrettanta voracità.
La tesi – non proprio così radicale – è presentata da una coppia di artisti, che lavora insieme dal 2008, Matthias Böhler e Christian Orendt, attraverso un ‘racconto morale’ in 9 pannelli a forma di foglia di tiglio, dipinti in uno stile tipico dei pittori fiamminghi e accompagnati da apposite didascalie. Vengono ripercorse in sequenza le ‘tappe’ della progressiva distruzione della terra, della natura e degli altri esseri viventi da parte di un gruppo di scimmie, che per ragioni che nessuno conosce, scesero un bel giorno dagli alberi, persero i peli e iniziarono a comportarsi in modo non animalesco. “Affezionati alla loro nuova nudità”, si convinsero di dover apportare cambiamenti sostanziali al pianeta: iniziarono a ‘spogliarlo’ di tutte le piante e creature selvatiche, che erano sparse disordinatamente in giro. Al 2021 avevano fatto fuori 2.500.000.000 ettari di foreste ed eliminato il 60% degli animali vertebrati, ma ciò nonostante “non vedevano ancora ragioni sufficienti per fermarsi”. Gli animali estinti si unirono allora in un coro collettivo di dolore e di lamento, che non rimase inascoltato. L’anelito per un miglioramento universale confluì nella formazione di un Super-essere molto potente, che entrò nelle menti dei ‘senza pelo’ e suggerì loro di costruire appunto il B.U.D. (Benevolent Utipization Device), il dispositivo con il quale viaggiare per l’universo. Piante e animali furono entusiasti di collaborare alla costruzione del veicolo a forma di bocciolo di loto asiatico. A lavoro ultimato, un dolce canto ammaliante si levò dal piccolo scafo e 7.754.847.014 di ‘senza peli’ salirono a bordo. Gli altri animali non credevano ai loro occhi e contenti li salutavano. Quando l’ultimo entrò nella navicella, la botola si chiuse. Seguì un rumore raccapricciante e in un lampo di luce incredibilmente luminoso il B.U.D. decollò, portando i ‘senza peli’ in un punto remoto dell’universo, dove avrebbero potuto sopravvivere, senza più interferire con il destino del loro ex pianeta natale.
Ecco spiegato il lungo ed enigmatico titolo della mostra: “Lo spirito del B.U.D. o La dolce certezza della liberazione dall’oscurità che ci circonda”. Palingenesi ironica e amara che continuiamo ad alimentare, senza modificare sostanzialmente i comportamenti che incrementano l’oscurità.
Alla fine del percorso il visitatore trova realmente una navicella a forma di loto, può salire per la scaletta, sporgere il capo sui monitor e lasciarsi dietro le immagini del mondo. Ma prima di giungere in quella stanza ha dovuto attraversare altri spazi della mostra, dove sono esposte – in controcanto – alcune opere di Julius von Bismarck, che evidenziano come le rappresentazioni della ‘natura’ da parte dell’uomo – animali, piante, paesaggi – siano sempre espressione della ‘cultura’ di appartenenza, con i limiti e i pregiudizi che ogni appartenenza comporta.