Segnali… da Plutone
Le prime immagini dell’ultimo pianeta del nostro sistema solare, Plutone, trasmesse nel mese di luglio dalla sonda New Horizons da una distanza di cinque miliardi di kilometri e dopo un viaggio di quasi 10 anni, ci hanno mostrato una superficie interamente ghiacciata. Ad un paesaggio così desolato – in parte liscio come un campo di pattinaggio, rugoso e butterato altrove con crepacci e montagne alte più di 3500 metri – ben si addice il nome, che gli fu dato nel 1930 (subito dopo la scoperta fatta da Clyde Tombaugh): Pluto (in inglese e in latino) – Plutone in italiano – dal dio che l’antica mitologia aveva posto come sovrano degli inferi.
Dallo stesso cupo mondo dell’oltretomba estrassero gli astronomi i nomi delle cinque lune scoperte successivamente: Caronte, Cerbero, Stige, Notte e Idra. In loro compagnia il ‘piccolo’ Plutone (declassato tra l’altro a nano-pianeta nel 2006) si accompagna nella sua orbita inclinata e molto ellittica attorno al sole, dal quale non sembra ricavare apparentemente – data la distanza – grandi benefici…
A suggerire agli astronomi il nome di Plutone fu una bambina di 11 anni, Venetia Burney, una bambina curiosa e molto erudita probabilmente grazie alla presenza in casa di un nonno dottissimo, Falconar Nadan, bibliotecario della Boleian di Oxford. Il mattino del 14 marzo del 1930, mentre la bambina faceva colazione, il nonno sfogliava come di consueto il Times. Giunto a pag. 14 lesse ad alta voce la notizia che era stato scoperto un nuovo pianeta del sistema solare, oltre Nettuno, e che non aveva ancora ricevuto un nome. Al nonno, che si chiedeva come sarebbe stato chiamato, Venetia, appassionata di astronomia, ma anche di mitologia, dopo un attimo di riflessione rispose: “Perché non chiamarlo Plutone?” L’idea piacque al nonno che girò subito la risposta ad un amico astronomo, il quale a sua volta telegrafò la proposta ai suoi colleghi dell’Arizona, che l’accolsero favorevolmente. Il nonno ricompensò la nipotina con un regalo di 5 sterline.
Ricostruendo gli antefatti di questa graziosa vicenda, Remondino Chavez (in Coelum, 2008, p. 46 ss.) scopre che nella famiglia di Venetia un episodio del genere era già accaduto: proprio il fratello del nonno, 50 anni prima, aveva vissuto il suo momento di gloria, suggerendo i nomi … dei satelliti di Marte. Un bel colpo per la nipotina (e per l’intera famiglia) poter ripetere il successo dello zio!
L’amico astronomo al quale il nonno comunica la proposta di Venetia è Herbert Turner, membro dalla Royal Astronomic Society, all’interno della quale qualche giorno prima si era proprio discusso della scoperta e si erano proposti vari nomi da dare al pianeta, fra cui quello di Kronos. Turner spedisce il 15 marzo il telegramma con il suggerimento della piccola Venetia al Lowell Observatory di Flagstaff. I membri dell’osservatorio si riuniscono il 24 dello stesso mese per decidere. Ognuno di essi può esprimere una sola preferenza sui tre i nomi selezionati: Kronus, Minerva e Plutone. Vince all’unanimità Plutone.
Nella comunicazione che viene diffusa il 1 maggio a firma del direttore V. M. Slipher, si legge che Minerva e Plutone apparivano sicuramente i più popolari. Ma dal momento che il nome Minerva era stato già utilizzato per indicare un asteroide, rimaneva Plutone, che fu pertanto segnalato all’American Astronomical Society e alla Royal Astronomical Society per essergli attribuito ufficialmente. “Per quanto ne sappiamo – prosegue la comunicazione – Plutone è stato suggerito per la prima volta dalla signorina Venetia Burney, di anni 11, di Oxford, Inghilterra. Come simbolo da associare al nome suggeriamo PL, perché ricorda facilmente le prime due lettere del nome e non può essere confuso con i simboli di altri pianeti”.
Malgrado il riconoscimento ufficiale, Remondino Chavez avanza seri dubbi sulla veridicità dei fatti. Non era possibile, secondo lui, che il nome di Plutone non fosse precedentemente circolato in seno alle prestigiose associazioni astronomiche, che ben conoscevano la storia dei tentativi precedenti di individuare quel pianeta X, del quale si era ipotizzata da tempo la presenza, a partire dalle presunte irregolarità del moto di Urano e Nettuno. Un astronomo, che aveva dedicato a tale ricerca una particolare attenzione, l’americano William Henry Pickering (1858-1938), era riuscito a calcolare matematicamente l’orbita esatta che il pianeta X avrebbe dovuto percorrere per spiegare gli influssi gravitazionali che disturbavano i movimenti dei pianeti vicini e non aveva esitato ad attribuirgli il nome di Plutone. I colleghi del Lowell Observatory dell’Arizona conoscevano bene Pickering, con il quale – dopo la scoperta del pianeta da parte di Tombaugh – si accese un vivace contenzioso dal momento che egli ne reclamava la paternità avendone segnalato per primo per via teorica l’esatta posizione. Altre fonti confermano, secondo Remondino Chavez, che negli ambienti scientifici (ad esempio fra gli astronomi dell’Osservatorio di Brera-Merate, che avevano collaborato attivamente alla conferma fotografica della scoperta) si era soliti chiamare Plutone il nuovo pianeta. Insomma “buona parte della comunità astronomica era già orientata nella scelta del nome, addirittura prima della scoperta del pianeta. Plutone, insomma, era per tutti il nome di riferimento, l’unico che avrebbe potuto completare la saga mitologica delle grandi divinità e, nel contempo, come dio delle ombre, descrivere la sua condizione di pianeta abbandonato dalla luce del sole” (p. 48).
La storia della bambina, che da il nome al pianeta appena scoperto, mantiene comunque il suo fascino e – vero o non vero che nessun ‘astronomo’ delle paludate accademiche non avesse pensato a quel nome – aggiunge un tocco di magia infantile alle imprese degli adulti, ricordandoci che il confine fra fantasia e scienza – specie in astronomia- è davvero molto sottile. Non diversamente da quanto avevano fatto gli antichi greci, che avevano popolato il cielo stellato di dei e di animali, di oggetti e di figure, trasformando quel caos luminoso di puntini senza senso in una mappa per orientarsi nei percorsi complicati della vita.