Voi avete gli orologi…
La crisi attuale non riguarda solo la sfera economica, ma l’universo delle rappresentazioni culturali e sociali, che ci hanno accompagnato dal secondo dopoguerra ad oggi. Si stanno sedimentando silenziosamente profonde fratture intergenerazionali fra anziani, adulti e giovani. Non solo differenze di linguaggi, di pensieri, di emozioni, di comportamenti, ma soprattutto una diversa percezione della temporalità che rende più complicata la condivisione di categorie quali “passato”, “presente”, “futuro” e svuota di significato parole come “memoria”, “azione”, “progetto”. Avere allungato la durata media della vita senza aver modificato contemporaneamente la concezione dell’esistenza non ne sta migliorando la qualità complessiva. E non se ne esce solo riducendo il debito pubblico o tentando di aumentare il PIL. Di fronte ad un crescente “individualismo di massa” non ci sono risorse che bastano. Essendo la nostra – come dice Rampini – una ‘generazione privilegiata’, forse qualche responsabilità in più dovremmo prendercela: ma in che direzione?
“Siamo nati nell’ultima Età dell’Oro, quel periodo (1945-1965) che coincise con un boom economico in tutto l’Occidente ed ebbe un effetto collaterale forse perfino più importante: l’esplosione delle nascite. Come se non bastasse, poi, lo straordinario allungamento della speranza di vita ci ha resi una delle generazioni più longeve. E di questa nostra inusitata sopravvivenza si parla quasi come di una sciagura annunciata, un disastro al rallentatore. Ma un evento individualmente così positivo – vivere di più – può trasformarsi in una calamità? Noi, noi ‘baby boomer’ siamo un’enorme risorsa anche adesso che diventiamo ‘pantere grigie’.
La sfida… è quella di inventarci una nuova vita e un nuovo ruolo, per i prossimi venti o trent’anni.
Di rivoluzioni ne abbiamo già vissute tante. La nostra generazione ‘larga’ va da quelli che hanno fatto il Sessantotto a quelli che finivano l’università quando cadde il Muro di Berlino.
Protagonisti della prima società dei consumi e della prima era postindustriale, siamo stati la prima generazione antiautoritaria: individualisti di massa. Mai, fino ad allora, simili sconvolgimenti avevano investito la famiglia, il sesso, la religione. Abbiamo vissuto nel cuore della prima vera globalizzazione e abbracciato tutte le ondate delle innovazioni tecnologiche; siamo stati noi a sposare una musica ‘generazionale’ e a inventare la gioventù come categoria politica.
E’ per questo che ci rifiutiamo di invecchiare.
Ed è per questo che ci sentiamo i più adatti a ridefinire anche le fasi successive. E’ nostra la nuova età adulta, che si sta creando un varco, e diventerà un nuovo capitolo della vita di ciascuno. Da spendere sui luoghi di lavoro o nel volontariato, in famiglia o nell’esplorazione di terre lontane: con la possibilità di trasmettere un bagaglio di esperienze.
Abbiamo ancora un lungo futuro da scrivere. Anzi: da digitare, magari sulla tastiera di un Ipad. I Rolling Stones cantavano ‘Time is on my side’, il tempo è dalla mia parte, quando avevano vent’anni. E cantano ancora.
Un antico proverbio afgano dice: ‘Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo’, un motto contro la frenesia occidentale. Qualche capello bianco insegnerà anche a noi a ridurre la velocità e a investire nella saggezza. La prossima puntata sta per iniziare” (Federico Rampini, Voia avete gli orologi, noi abbiamo il tempo, Mondadori, Milano 2012).