Piet Mondrian
Interessante la lettura dell’opera di Piet Mondrian (1872-1944), proposta da Simona Argentieri all’interno del volume dedicato al pittore olandese nella splendida collana diretta da Vittorino Andreoli (Tra genio e follia. I grandi della pittura). Una lettura che incrocia attraverso l’analisi psicologica il processo artistico perseguito da Mondrian di progressiva eliminazione dalle immagini di qualunque elemento che possa evocare una loro realtà fenomenica, fino all’astrazione più pura, fatta di linee rette e di colori (presunti) primari, con il significato ‘difensivo’ che tale operazione nasconde, quello di negare qualunque forma di soggettività delle cose e degli esseri viventi.
“Fedele al suo ideale di purezza, Mondrian procedeva dunque dall’immagine figurativa ‘per via togliere’ ogni allusione alla carnalità, riducendola a linee e colori essenziali, appiattendo ogni suggestione di prospettiva e movimento. Nei suoi intenti, la sublimazione dell’astrazione pittorica doveva andare nella direzione opposta, a contenere la minaccia destabilizzante dei sentimenti e delle passioni; sia dell’artista sia dello spettatore, per raggiungere l’essenza spirituale della verità e della bellezza.
Per questo alcuni critici a lui contemporanei lo accusavano di praticare una pittura ‘decorativa’, priva di contenuti; senza capire che se Mondrian non voleva commuovere, ma attutire e smorzare, non era per vezzo intellettuale ma per una esigenza personale assoluta.
Difficile dire se, come ipotizzava Freud, sia davvero possibile compensare la frustrazione dei desideri sessuali inappagati convogliando le energie libidiche verso l’attività creativa o qualche altra nobile occupazione, quale l’impegno intellettuale. A mio parere, talora la sublimazione può offrire un compromesso conveniente per l’economia generale della persona (meno piacere a livello dell’Es e più approvazione a livello del Super-Io e dell’Ideale dell’Io) barattando una soddisfazione sessuale con una gratificazione narcisistica; ma non può davvero garantire l’armonia e il benessere dell’individuo.
Nel tempo a venire, l’arte si sbarazzerà senza rimpianti di tutto questo tormentato conflitto, affermando orgogliosamente che deve esprimere solo se stessa, senza alcun codice esteriore di riferimento.
Peraltro, abbiamo imparato da tempo che non è affatto detto che gli autori riescano a formulare teorie convincenti su ciò che creano; e tanto meno siamo tenuti a condividere le loro concezioni a latere per amare (o detestare) le loro opere. Nè è previsto che le intenzioni dell’artista coincidano con l’effetto che davvero risuona nel fruitore, altamente variabile a seconda del contesto…
La mente è in tutto il corpo, non solo nel cervello. Un’idea pura, una spiritualità disincarnata e decantata non esiste. Possiamo al massimo fare scissioni, rimozioni, negazioni di nostre parti scomode o conflittuali, senza per questo abolirle. C’è un’intrinseca contraddizione nella tecnica di Mondrian, che metteva una minuziosa cura per dare l’impressione finale di una pittura stesa in modo perfettamente uniforme, a smentire la manualità; ma se si guarda da vicino, si distinguono bene le piccole pennellate di colore date con diverso orientamento nelle varie zone“ (p. 93 ).