In tempi tristi e incerti…
In tempi tristi e incerti, come quelli che stiamo attraversando, riferirsi alla poesia per tentare di trovare un minimo di senso o di semplice conforto emotivo non può essere considerato un delitto (come scriveva Brecht) specie se il poeta scelto è un ‘maestro del disincanto’ come Andrea Zanzotto.
C’è ancora un pregiudizio molto diffuso attorno alla poesia e ai poeti, che oltre a parlare d’amore e di natura, di alberi o di tramonti, debbano anche farlo sempre in modo gentile e ‘carino’, senza urtare la sensibilità del lettore, anzi sollecitandolo ad elevarsi costantemente verso le altezze del sublime, dell’universale, dell’eterno e dell’infinito. Per molti la poesia – come la musica – ha il compito di sottrarci all’angoscia del reale e alla sua inevitabile contraddittorietà per trasportarci temporaneamente dentro una nuvoletta, un cloud sospeso nel cielo dell’inconsistenza, dove il nostro Io – a riparo da virus, errori e dimenticanze – possa sperimentare (illusoriamente?) uno spessore e un livello di integrazione, che mai proverebbe nella vita reale…
“Non di dèi non di prìncipi e non di cose somme,
non di te né d’alcuno, ipotesi leggente,
né certo di me stesso (chi crederebbe?) parlo.
Né indovino che voglia tanta menzogna, forte
come il vero ed il santo, questo canto che stona
ma commemora norme s’avvince a ritmi a stimoli:
questo che ad altro modo non sa ancora fidarsi.
Un diagramma dell’anima? Un paese che sempre
piumifica e vaneggia di verde e primavere?
Giocolieri ed astrologi all’evasione intenti,
a liberar farfalle tra le rote superne?
Trecentomila parti congiunte a fil di lama,
l’acra tricosa macchina che il futuro disquama?
Faticosa parentesi che questo isoli e reggi
come rovente ganglio che induri nell’uranico
vacuo soma, parentesi tra parentesi innumeri,
pronome che da sempre a farsi nome attende,
mozza scala di Jacob, ‘io’: l’ultimo reso unico;
e dunque déi e prìncipi e cose somme in te,
in te potenze, cose d’ecloga degne chiudi:
in te rantolo e fimo si fanno umani studi”.
(Un libro di ecloghe, 1962)