Homo antecessor
Dagli scavi effettuati nel sito spagnolo della Gran Dolina, fin dal 1984, sono stati rinvenuti diversi fossili appartenenti ad una specie di Homo antecessor, considerato l’ultimo antenato comune precedente alla divergenza evolutiva che ha portato in Europa, al Neanderthal e alla specie umana moderna in Africa. La datazione attribuitagli ne riporta l’esistenza a quasi 800.000 anni fa, costringendo i paleontologi a spostare indietro di diverse centinaia di migliaia di anni il primo popolamento umano dell’area nord del Mediterraneo.
“Vari altri fossili sono stati rinvenuti in seguito… arrivando a contare nel complesso 170 reperti ossei e dentari, per una stima di almeno 11 individui, quasi tutti bambini e giovani; che peraltro mostrano tracce indicanti che furono oggetto di cannibalismo, non sappiamo se da parte di individui della stessa specie o di un’altra specie umana sconosciuta” (Giorgio Manzi, Le Scienze, dicembre 2023, p. 16).
Per chi opera all’interno dei vari settori di ricerca scientifica ogni nuovo dato – piccolo o grande che sia – suscita curiosità e insieme diffidenza, un ‘combinato disposto’ di atteggiamenti, che rinforza l’interesse per la fatica costante che la ricerca impone e contemporaneamente tutela da entusiasmi illusori, che potrebbero far prendere una cantonata.
Per il lettore curioso che ‘si interessa di scienza’, ma non fa parte della cerchia professionale degli esperti, accademici o ricercatori, le stesse notizie suscitano le reazioni più avverse. Da una parte lo stupore di fronte alla ‘abilità’ della scienza paleoantropologica di poter stabilire – partendo da semplici frammenti ossei – le caratteristiche morfologiche degli individui, compreso sesso, età, altezza, alimentazione, eventuali malattie e causa del decesso… e di ricostruirne perfino le abitudini di vita nel contesto geografico di allora. Dall’altra parte un sentimento ambivalente di identificazione e di distanziamento nei confronti di questi presunti nostri antenati, che praticavano (orrore!) il cannibalismo, mentre noi ‘civilizzati’ abbiamo rifiutato e rinnegato questa pratica ‘disumana’, continuando a divorare voracemente molte altre specie animali viventi senza il minimo senso di colpa o massacrando con bombe intelligenti migliaia di civili, donne, vecchi e bambini, perchè apprtenenti ai clan nemici.
A conti fatto, non siamo molto cambiati, sostanzialmente, malgrado migliaia di anni di evoluzione e di presunto progresso. Lo scriveva Quasimodo, all’ìindomani della seconda guerra mondiale, in una delle sue poesie più toccanti, Uomo del mio tempo:
“Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore”.